Storia del Comune

Cenni storici

Descrizione

Adagiato sulle amene colline del Pedemonte vicentino, il comune di Fara è costituito da due nuclei abitati: Fara, propriamente detto, e S. Giorgio di Perlena, da sempre geloso della propria identità storica. I toponimi dei due centri trovano una comune origine nell'epoca longobarda (da fara, insediamento parentale armato, e S. Giorgio, santo guerriero caro alla tradizione longobarda); Perlena presenta però, come toponimo, inconfondibili connotazioni latine forse su basi preromane.
In epoca tardomedievale Fara segue le vicende di Breganze e dei centri circostanti, nella ripartizione dei beni tra gli Ezzelini, e viene assegnata ad Ezzelino III (il cosiddetto Tiranno) il quale è legato a Breganze anche da vincoli familiari, essendo la sorella Cunizza sposata ad un nobile breganzese. Nei secoli successivi, sotto il dominio della Serenissima, Fara e Perlena raggiungono l'autonomia da Breganze; Perlena, ridimensionato il territorio a favore di Salcedo, viene unita all'attuale capoluogo probabilmente nell'ambito delle riforme amministrative prima francesi, poi austriache, che caratterizzano la fine del secolo XVIII e la caduta della Repubblica Veneta.
L'antica chiesa dei S.S. Felice e Fortunato, legata, secondo la tradizione, ai primi insediamenti abitati, fu eretta nel secolo XV e conserva alcuni affreschi dell'epoca; alla fine del secolo scorso vi fu affiancato l'attuale caratteristico oratorio dalla forma poligonale.
La parrocchiale chiesa di S. Bartolomeo, citata per la prima volta nel 1148 come cappella della Pieve di Breganze, fu anticamente monastero agostiniano; custodisce una pregevole pala (la Vergine tra S. Lucia e S. Maria Maddalena) di scuola bassanese. Caratteristiche sono, nel territorio comunale, le colombare, soprattutto lungo la valle del Chiavone e alcune notevoli ville padronali; degna di menzione è pure, sempre lungo lo stesso torrente, la zona di ritrovamento delle famose palme fossili di Lonedo, presso il vecchio Ponte degli Artusi. L'economia di Fara è indiscutibilmente legata, come lo stesso stemma comunale ricorda, alla coltivazione della vite; la strada del vino che da Breganze si inerpica per le Torreselle tra le valli dell'Astico e del Chiavone, o quella che per la Costa sale verso le Terre Rosse, sono un irresistibile invito a vespaiolo, cabernet, pinot e, soprattutto, al torcolato, vino passito qui conosciuto da secoli, vero nettare degli dei.
Toccata, seppur marginalmente, dai due conflitti (zona di operazioni di brigate partigiane nel secondo) Fara ha legato il suo nome alle memorie letterarie, durante la Grande Guerra, di alcuni ufficiali inglesi (H. Dalton, N. Gladden, H. Barnett) che dal vicino fronte scendevano al Quartier Generale situato in paese. Il riferimento letterario più immediato comunque non può che essere Domenico Pittarini, che a Fara visse per più lustri, verso la fine del secolo scorso; la sua celeberrima Politica dei Villani, un due atti in versi rustici, in un dialetto corrispondente all'antico pavan del Ruzante, ha lasciato il segno nella cultura popolare, se non altro per il noto finale:
" ……………… i prete xe prete
i siuri xe siuri, e nantri, Bastian
sem mone pì grandi del monte Suman
".

Ultimo aggiornamento: 12/06/2024, 15:58

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